Al termine dell’Anno liturgico si celebra la 34a domenica del cosiddetto «Tempo ordinario». La solennità, che cade di norma negli ultimi dieci giorni di novembre, è dedicata a Gesù Cristo Re dell’universo. In tal modo si vuole sottolineare che Cristo redentore è il Signore della storia, l’inizio e la fine del tempo.
Dio regna nell’anima dei santi ed essi obbediscono alle leggi spirituali di Dio che in essi abita. Così l’anima del santo diventa proprio come una città ben governata.
Dall’opuscolo «La preghiera» di Origène, sacerdote
Mt 25, 31-46
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
"Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi".
Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?". E il re risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato".
Anch'essi allora risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?". Allora egli risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me".
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna".
Parola del Signore.
L'avete fatto a me
Il Vangelo di questa domenica porta il nostro sguardo al termine del cammino dell'umanità, non per intimorirci, ma per farci crescere nell'amore: il giudizio del Figlio dell'Uomo sarà un incontro in cui il senso della nostra storia, che spesso ci sfugge, sarà svelato a tutti gli uomini.
Il Signore Gesù si manifesterà allora non solo come potente Signore, ma come fratello universale di ogni essere umano e svelerà quello che ora non è verificabile: ciò che facciamo agli altri è fatto a Lui. Nell'Incarnazione il Figlio di Dio si è unito ad ogni uomo, di ogni razza, cultura, lingua e religione, indipendentemente dalle sue qualità umane. Il Verbo di Dio ha scelto di condividere la nostra umanità e ha “sposato” la nostra fragilità, facendone, fino alla morte di croce, il luogo privilegiato per instaurare il suo Regno. Perciò un discepolo del Signore non penserà mai di poter amare i fratelli fuori dell'amore di Dio e farà dell'amore la via su cui camminare verso Dio. La nostra fede in Cristo, il Dio fatto carne, ci dà di percepire in modo chiaro e forte il valore della carità, e ci chiede la sincerità del cuore per viverla nel quotidiano, soprattutto nella capacità di godere del bene che incontriamo, oltre che di quello che noi facciamo in molti modi.
E' meraviglioso scoprire che il regno di Dio, di colui che è Spirito e comunione di Persone divine, non sta nelle idee, né oltre ciò che è sensibile, ma è presente nella concretezza della nostra vita e della nostra esperienza, a contatto con la fragilità che incontriamo tutti i giorni, in noi e negli altri. La casa del Signore, il Regno del Signore, siamo noi: versando il suo Sangue ha salvato il suo gregge, si è fatto Agnello per aprirci i pascoli della vita eterna.
Il tempo presente può essere già tempo di vita in abbondanza se non induriamo il cuore, ma lo teniamo unito al Signore accettando la nostra povertà per saper accogliere quella degli altri: c'è fame di amore, di essere giustificati e non giudicati, di ricevere perdono e non condanna. Come dice spesso papa Francesco, c'è bisogno di tenerezza: “La vicinanza cristiana è sempre incarnata. E' una vicinanza come quella del Verbo: condiscendente. Quando qualcuno è più povero, meno protetto ricordiamo che per il nostro Padre quella persona è la più importante. Guardare, ascoltare senza pregiudizi, senza paura, ma con mistica: questo è fondamentale per il nostro modo di guardare la realtà”. A questo sguardo anche il Santo Cottolengo ha educato i suoi figli spirituali: “i poveri sono coloro che ci apriranno le porte del regno dei cieli...essi sono i nostri padroni... siate certi che Gesù non dimentica niente di quanto a lui fate nella persona dei suoi poveri: quanto avrete provato di fastidi e disagi nell'assistenza dei vostri infermi altrettanto avrete in cielo maggiore la ricompensa”.
Sr Maria Daniela del Monastero cottolenghino”Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Gesù” - Pralormo
pubblicato sulla Gazzetta d'Asti
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